Il senatore Pietro Ichino a Como – convegno sul Job Act e Servizi per il Lavoro promosso da Meetorienta
1 Marzo 2016
Fare il lavoro che piace in meno di 2 mesi: un caso reale
28 Maggio 2016
Mostra tutto

Psicologia e sviluppo professionale: come la psicologia aiuta le persone a trovare / cambiare lavoro

lavoro trovare psicologia sviluppo porfessionale

lavoro trovare psicologia sviluppo porfessionale

Si può andare dallo psicologo per trovare lavoro? sì e no – dallo psicologo si può andare per recuperare slancio, forza e superare piccoli blocchi e paure che ci ostacolano nel raggiungere il successo in molti campi della vita. E quindi anche in quello professionale.

Tra noi consulenti di carriera, gli psicologi, sono nettamente una piccola minoranza. Probabilmente perché gli psicologi puntano ad attività maggiormente legate alla cura della persona (tradizionalmente è un attività di cura e di sostengo) un po’ perché nel mondo delle risorse umane e delle aziende, spesso conta di più aver avuto esperienza in azienda e conoscere il mercato del lavoro che conoscere il funzionamento mentale ed emotivo delle persone. Questa impostazione (in parte condivisibile) non tiene conto dei problemi che affrontano le persone nei momenti di cambiamento professionale. Un percorso di consulenza di carriera è un percorso che nulla ha a che vedere con un percorso di psicoterapia o di counseling psicologico in senso stretto ma esistono senza dubbio dei momenti nelle attività nella consulenza di carriera in cui la competenza psicologica agisce e risulta vincente. Vediamoli assieme.

 

Riprendersi dopo il licenziamento

Oramai è sotto gli occhi di tutti: perdere il lavoro è un colpo molto duro alla propria stabilità mentale ed emotiva. Si resta compressi, arrabbiati, oltre al forte contraccolpo iniziale. In genere il lavoro, e il lavorare, risponde a importanti bisogni psicologici (nulla a che vedere con la questione economica, lo stipendio) come il bisogno di stare in relazione con gli altri, di sentirsi capaci e autonomi nel portare a termine un compito, fino all’autorealizzazione personale e all’esercizio del potere. Il lavoro è uno degli aspetti che maggiormente fondano la nostra personalità e perderlo vuol dire minare il proprio benessere psicologico. Non tutte le persone soffrono allo stesso modo, alcune hanno la fortuna di avere dei “paracaduti” in più (buone relazioni, altri interessi, la famiglia, buone risorse interiori…) ma in generale i problemi di lavoro scatenano angosce e sentimenti negativi che possono anche risultare esternamente gravi. Chi conosce, come lo psicologo, queste dinamiche può accelerare il processo di elaborazione dell’esperienza negativa aiutando le persone a recuperare slancio e forza nelle attività di ricerca di una nuova occupazione.

 

Sviluppare un atteggiamento positivo per trovare lavoro

Il mondo del lavoro è spesso fonte di esperienze non sempre positive. Alcune persone che seguo, ad esempio, hanno subito pressioni oppure si sono trovate in situazioni di estrema competizione che ne hanno minato la stabilità emotiva. In altri casi invece si viene da un situazione di anni precarietà cronica. In questi casi c’è chi dirige la propria rabbia verso l’esterno (gli ex colleghi, i capi, il mercato del lavoro o il governo) e altri, invece, che la dirigono all’interno, auto colpevolizzandosi. In entrambi i casi, quando questi sentimenti sono ancora vivi, non è ancora possibile ottenere dei risultati professionali soddisfacenti. Perché questi sentimenti, proprio perché ancora accessi, emergono. Emergono sotto forma di sfiducia nella ricerca di una nuova occupazione e quindi non ci si impegna abbastanza nelle attività di ricerca, oppure possono emergere durante le fasi di selezione in cui la rabbia (o l’insicurezza in sé stessi) porta le persone fare polemica, riducendo in modo drastico l’attrattività della candidatura. Lavorare su questi sentimenti, in modo indiretto, senza necessariamente analizzarli ma lasciandoli emergere quanto basta per poterli poi superare è un attività in cui lo psicologo è sicuramente competente.

Supporto/coaching per migliorare la propria situazione professionale

Un percorso di consulenza di carriera implica, oltre a consulenza, istruzioni e informazioni sul mercato del lavoro, anche attività di sostegno nell’implementazione del progetto di azione. In alcuni casi, ci possono essere dei momenti di fatica che vanno gestiti. La persona va aiutata a potenziarsi, a superare blocchi o piccoli timori. Lo disciplina psicologica spiega in modo puntuale l’origine di tali blocchi, può spiegare in quali casi tali blocchi sono profondi e radicati (e quindi difficilmente scalfibili) e quando invece sono determinati da idee frutto di apprendimento e quindi spesso facilmente modificabili. In 100 anni di storia la psicologia ha spiegato, cercato di dimostrare e ideato tecniche per modificare schemi di pensiero che ci ostacolano impedendoci di esprimere appieno il potenziale. Lo psicologo non è un coach (il coach non è una professione, ma una figura professionale) ma utilizza gli strumenti del coaching per stimolare, rivitalizzare e motivare le persone.

Ecco i principali vantaggi di un consulente di carriera anche psicologo:

  • Accelerazione e rielaborazione/superamento di eventi stressanti (come il licenziamento)
  • Sviluppo di un atteggiamento positivo che influisce sugli esiti professionali
  • Potenziamento delle proprie capacità e superamento di blocchi personali per raggiungere obiettivi più ambiziosi

 

La visone che hai sul problema influisce sulla sua soluzione: i trucchi della mente

Lo psicologo sa bene che la visone che ognuno ha su un problema influisce sulle azioni messe in campo per risolverlo (e quindi sui risultati). Se immaginassi che le aziende e il mercato del lavoro siano di base, ostile ai lavoratori, probabilmente non mi impegnerei abbastanza per trovar una lavoro soddisfacente. Proverei, ma alla prima difficoltà la mia mente mi porterebbe a confermare la visione iniziale. Queste dinamiche intercorrono in tutti gli aspetti della vita e quindi anche l’ambito professionale. Più le situazioni sono ambigue e maggiori sono le possibilità di interpretare male la realtà. Le situazioni che si possono vivere al lavoro possono risultare non immediatamente comprensibili. Non si conoscono, ad esempio i bilanci delle aziende per capire se il licenziamento fosse effettivamente dovuto a problemi economici aziendali oppure ad una nostra mancanza, oppure se quel manager che avrebbe potuto dire qualcosa a nostro favore l’abbia fatto oppure no e così via. Vale lo stesso per il mercato del lavoro che è ampio e poco comprensibile. Si fa in fretta a pensare che se ho risposto a 20 annunci e nessuno mi ha risposto allora non c’è lavoro, sono troppo vecchio o troppo giovane… Non è detto invece che sia così (o non in tutti i casi) ma le visioni che abbiamo influenzano radicalmente le conclusioni che possiamo trarre dagli eventi, in alcuni casi, in modo disfunzionale. 

 

Un caso reale: quando questioni irrisolte bloccano le attività di ricerca di una nuova occupazione
Qualche mese fa presso il mio studio ho ricevuto una persona di circa 37 anni, fuori dal mercato del lavoro da diversi anni per motivi familiari. Ha concluso l’ultima esperienza di lavoro in modo un po’ “rocambolesco”, passando da un datore di lavoro all’altro, sperando di migliorare la propria condizione contrattuale, di fatto, non riuscendoci. E’ una persona molto conosciuta ed emerge molto chiaramente la difficoltà di rimettersi in contatto con quel mondo. Emergono principalmente due tipi di sentimento: l’orgoglio, non vorrebbe chiedere o contattare certe persone e la vergogna. Non vuole far sapere che è in cerca di lavoro. La sto aiutando a rileggere l’accaduto e stiamo trovando la modalità più corretta di porsi rispetto al settore ed ad alcune persone. In questi casi, è necessario ripercorrere brevemente gli eventi per aiutare la persona a superare determinati sentimenti e a definire la propria posizione. In altri termini, la sto aiutando ad acquisire una visione sull’accaduto che sia comoda per se stessa (che elimini i sensi di colpa/vergogna) ma funzionale all’obiettivo di reinserissi nuovamente nel settore, tutto senza perdere la faccia. Non è l’evento in sé a bloccare la persona ma la sua visione, le conclusioni che la persona ha tratto dagli eventi. Su queste visioni è possibile agire recuperando slancio.

 

Come opera lo psicologo in un percorso di consulenza di carriera

Lo psicologo che fa consulenza di carriera non cura la persona, non analizza il passato familiare. In nessun caso l’attività psicologica è volta alla risoluzione di problematiche psicologiche: tutto è in funzione dell’obiettivo di attivarsi per conquistare una dimensione professionale soddisfacente. Lo psicologo, per formazione, ha un intuito in grado di cogliere e sciogliere (quando possibile) dei nodi che sono impercettibili, sottili e non espliciti e che impediscono alla persona di attivare tutto il suo potenziale. Quando impegnato in una consulenza di carriera, lo psicologo lavora a livello superficiale delegando ad altri professionisti (psicoterapeuti o psichiatri) eventuali percorsi alternativi di risanamento psicologico più profondi. L’agire psicologico durante una consulenza di carriera avviene sotto forma di domande, suggestioni e confutazioni di visioni non sempre corrette.

Se vuoi approfondire alcuni dei temi toccati in questo articolo ecco l’audio la mia intervista ai microfoni di CiaoComo Radio, proprio su questi temi intitolata “Psicologia e ricerca del lavoro: cosa centra? andata in onda il 2 febbraio 2016.

Se invece ti trovi una situazione di stallo professionale, tu, oppure una persona a te cara e vuoi metterti in contatto con me, chiamami e possiamo fissare un primo incontro per valutare insieme la situazione. Qui trovi tutti i miei riferimenti.

Ecco qui l’audio dell’intervista a CiaoComo radio, buon ascolto!